1. Il contesto storico -
geografico dell'epigrafe
1.1. Il Municipium di Veleia
1.2. Il manufatto
2. Dietro l'epigrafe
2.1. La generalità dell'azione
Il documento epigrafico fu edito in due
distinte fasi, una da datarsi al 101 e che contiene la descrizione
di cinque ipoteche e una posteriore, ubicabile tra 106 e 114, che
contiene altre 46 obbligazioni. L'azione finanziaria si sviluppa,
dunque, sotto il principato dell'imperatore Traiano.
Veleia era un municipium amministrativo dell'intera
area piacentina, di parte dell'attuale parmese, di parte della
Liguria orientale (non litoranea) e del nord della Lucchesia. Era
una cittadina grande dieci volte un campo da calcio e capace di
ospitare due - tremila abitanti. Ma era un centro amministrativo
importantissimo per l'area. In quella tavola, unica sopravvissuta di
molte altre tavole analoghe scritte per altri municipi dell'Italia
settentrionale in quella formidabile epoca (l'epoca di Nerva,
Traiano, Antonino Pio e Marco Aurelio), si denuncia il fatto che
l'agricoltura del nord Italia era in crisi per via della concorrenza
delle agricolture delle altre province dell'impero (Gallia e Spagna
soprattutto) e che moltissime famiglie contadine erano prive di
terra e condannate all'inedia. Per l'area relativa alla tavola se ne
individuano almeno 400.
Pare che l'imperatore, inizialmente, cercò di applicare una legge in
base alla quale tutte le terre più grandi del valore di 60.000
sesterzi venissero divise e affidate ai disoccupati. Qui trovò
l'opposizione ferma del Senato dove i magnati dell'Italia
settentrionale avevano solida rappresentanza e bloccarono
l'iniziativa di legge.
Allora l'imperatore mise a disposizione le sue sostanze personali e
il suo fisco.
Per noi è difficile immaginarlo ma all'epoca esisteva un fisco
pubblico, destinato al pubblico erario, e un fisco 'privato',
destinato alle sostanze dell'imperatore, ma anche questo fisco
'privato' aveva valore pubblico: quello che veniva ricavato dal
fisco privato e imperiale non poteva passare all' erede naturale ma
andava destinato al successore all'impero (dunque diveniva, alla
fine, secondo forme pittoresche, risorsa pubblica).
Ebbene l'imperatore censisce tutti i grandi e medi proprietari
dell'area e ne compra le proprietà. Le compra non al prezzo di
mercato ma sopravvalutandole del 5 %.
Poi, giacchè non ha le risorse finanziarie necessarie per
comprare tutte le proprietà del nord Italia si concede un
mutuo. Ogni anno verserà circa l'8% del valore complessivo
dell'immobile al legittimo proprietario, in modo tale che solo
dopo quindici anni quelle terre diverranno imperiali. Ogni anno il
proprietario riceverà dall'imperatore l'8% per cento del valore del
suo immobile, in danaro sonante e su quell'8 % il proprietario
ha l'obbligo (dal momento che in partenza la sua proprietà è stata
sopravvaluta del 5%) di versare il corrispettivo al municipio di
riferimento, in modo tale che venga distribuito alle famiglie prive
di lavoro.
Il risultato dell'operazione è che 300 famiglie indigenti di Veleia e della sua res publica (come viene anche
chiamato il municipium)
hanno 192 giorni su 365 di salario garantito e il resto fanno
eccezionalmente meno fatica e ansia a procurarselo.
Plinio il giovane (se non erriamo) racconta il fatto che questa
sorta di assistenzialismo di stato rivolto all'Italia settentrionale
fornì numerosissimi uomini che si sentivano 'figli adottivi'
dell'imperatore e che raggiunti i sedici anni entrarono in massa
nell'esercito e galvanizzarono le imprese orientali dell'impero
contro i Persiani, imprese che furono travolgenti.
Su come i latifondisti potevano recuperare il pieno possesso delle
loro proprietà ipotecate le strade erano due: riversare al termine
del quindicennio la somma all'erario dell'imperatore oppure
pattuire, già lungo il quindicennio, un aggiuntivo di imposta verso
il fisco imperiale, una sorta di 'contro mutuo'.
E' sufficientemente chiaro che un danno economico 'indiretto' i
grandi proprietari lo subirono: per alcuni decenni le loro
proprietà, proprio perchè ipotecate, non erano vendibili a prezzo di
mercato: pochi avrebbero potuto assumersi il rischio di pagare a
prezzo pieno terre sulle quali gravava un ipoteca imperiale.
2.2. Il contesto politico generale: le puellae faustinae, poveri, diseredati e ragazze - madri
Il caso di Traiano non fu isolato nella
storia imperiale del II secolo.
Tanto Antonino Pio (141 - 160), quanto Marco
Aurelio (160 - 180) proseguirono le politiche assistenziali verso
l'Italia e i suoi indigenti. Entrambi questi imperatori dedicarono
alle imperatrici, Faustina Maggiore e Faustina Minore, degli alimenta
e cioè delle operazioni di aiuto e soccorso economico a favore dei
senza lavoro e delle giovani donne in difficolta'.
L'obbiettivo di questo evergetismo imperiale è' il
medesimo di quello di Traiano e della superstite tabula
alimentaria di Veleia e cioè l'assistenza a favore
dei disoccupati agricoli e delle ragazze - madri.
Si sviluppa lungo questo incredibile secolo l'idea
secondo la quale lo stato ha il dovere della beneficienza e
dell'assistenza, idea che si sposa e accompagna con una serie di atti
legislativi volti a umanizzare l'istituto della servitù. Il servo
cessa di essere una res di proprietà del pater familias,
equiparabile davvero a un animale domestico, ma diviene soggetto
giuridico e può appellarsi ai tribunali contro discriminazioni e
maltrattamenti subiti dal suo patronus, per di più il suo
padrone perde il diritto di vita e di morte sullo schiavo che la
legge tradizionale riservava lui. Il
capitolo degli schiavi fa parte inoltre di una generale
riforma del diritto di famiglia.
Nel II secolo si respira, dunque, un'aria del
tutto nuova: lo stato interviene direttamente a favore di coloro che
hanno perduto la fonte di sostentamento, almeno in Italia, si riforma
il diritto di famiglia sollevando gli schiavi, i minori e le donne
dalla loro assoluta minorità giuridica verso il 'capo - famiglia' e in
generale si manifesta una profonda attenzione verso il mondo
femminile.
Questa tendenza generale verso una eguaglianza
giuridica di tutti i soggetti e di un'assistenza pubblica ai
diseredati verrà ribadita anche nel III secolo, dai Severi.
Nel III secolo, però, si eleva un notevole
competitore all'evergetismo pubblico e laico: la comunità cristiana. I
cristiani si pongono sul medesimo solco degli alimenta e
attraverso opere creditizie auto finanziate offrono assistenza a
poveri, vedove e orfani correligionari.
Uno dei motori del proselitismo cristiano sta
proprio nel fatto che l'adesione alla nova religio
introduceva in un reticolo assistenziale molto più stretto e immediato
di quello fornito dallo stato e dall'imperatore.
Nel secolo seguente, addirittura,
l'assistenzialismo cristiano si estese anche ai gentili e lo stato,
attraverso Costantino, lo sussunse in sè, facendone una sorta di
dicastero dell'assistenza auto finanziato e privo di aggravi verso
l'erario pubblico o imperiale.
Le aspirazioni assistenziali nate nel II secolo
assunsero nel IV un volto del tutto nuovo, un volto confessionale e
religioso.
2.3. Le differenze tra i generi: figli legittimi e illegitimi, figlie legittime e illegittime nel provvedimento di Veleia e nel mondo romano
L'iscrizione velleiate registra, inevitabilmente, una
mentalità diffusa e una cultura giuridica radicata: una fortissima
differenziazione tra i generi.
In primo luogo una marcata diversità quantitativa nei beneficiari
che, secondo lo spirito della legge, erano i minori di famiglie
indigenti e private dei necessari mezzi di sostentamento. Ebbene ben
263 sono i maschi e appena 35 le femmine. Non può sicuramente essere
che la popolazione maschile fosse, nel piacentino del II secolo, nove
volte più numerosa di quella femminile, al contrario è chiaro che
intervenne una notevole discriminazione nell'elargizione
dell'assistenza.
Probabilmente solo in mancanza di eredi maschi l'assegnatario del
beneficio diveniva una minore, oppure, ma non si conoscono esattamente
le procedure che eleggevano i beneficiari, le famiglie preferivano far
destinare agli eredi maschi il beneficio.
Ancora più chiaro il fenomeno sotto il profilo degli emolumenti:
mentre i maschi percepivano un contributo di 16 sesterzi mensili, le
bambine ne raccoglievano solo 12.
Insomma un uomo aveva un valore intrinseco di un quarto più grande di
una donna. Se si aggiunge questo dato economico alla sperequazione
evidente operata nel censimento o auto dichiarazione delle famiglie
indigenti, scopriamo che a fronte di circa 3500 sesterzi devoluti a
favore dei pueri sono solo 144 quelli mobilitati verso le puellae.
Questa sperequazione rivela la mentalità tradizionale del mondo
romano: l'assoluta supremazia dell'elemento maschile su quello
femminile, nonostante e malgrado l'assistenzialismo illuminato di
epoca antonina.
Secondo i parametri di Veleia,
che non sappiamo quanto siano stati applicati sull'intero mondo
romano, la relazione è quella, rabbrividente, di 20 contro 1.
Nel decreto è registrata una seconda caratteristica del diritto di
famiglia romano e cioè la presenza di figli riconosciuti dal padre,
legittimi, e di figli non riconosciuti. A costoro viene corrisposto un
emolumento di 12 sesterzi mensili e dunque, sotto il profilo
economico, i maschi illegittimi valgono quanto una femmina
legittimamente procreata, in una equiparazione interessante.
Dunque una sorta di 'sotto mondo' familiare nel quale i figli nati al
di fuori delle normali relazioni matrimoniali contano quanto le
bambine e le donne. All'interno di questo 'sotto mondo', poi, si
reitera la differenza tra i generi: una figlia nata fuori dal
matrimonio ha diritto a soli 10 sesterzi di elargizione mensile.
Dunque un'autentica gerarchia sociale e di generi; alla testa di
quella sono i maschi - legittimamente generati, sono i 16 sesterzi
mensili, poi vengono le donne legittime e i maschi illegitimi e cioè i
12 sesterzi e, infine, le donne illegittime con i loro 10 sesterzi
mensili.
3. Il testo dell'epigrafe
e la nostra traduzione
[da implementare]
4. Riferimenti
bibliografici
(1) Tabula alimentaria traianea alla voce in wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Velleia
(2) Veleia alla voce in wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Tabula_alimentaria_traianea
(3) Tavola Alimentaria Velejate detta Traiana / restituita alla sua
vera lezione da D. Pietro De Lama. - Parma : Carmignani, 1813.
Consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000006.pdf
(4) Secondo Giuseppe Pittarelli della celebratissima Tavola Alimentaria di Trajano. - Torino : Stamperia Reale, 1790. Consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000008.pdf
(5) Economia e società sull'Appennino Piacentino / Nicola Criniti. - Estratto da: Storia di Piacenza, vol. I, edito dalla Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano. Consultabile al sito http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000021.pdf
(6) Le rovine di Veleia / misurate e disegnate da
Giovanni Antolini. - Milano : Società Tipografica dei Classici
Italiani, 1819 - 1822. - 2. v.
Volume I consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000031.pdf
Volume II consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000028.pdf
(7) Della celebratissima Tavola di Veleia,
scoperta nel territorio piacentino l'anno MDCCXLVII / spiegazione
fatta da Secondo Giuseppe Pittarelli. - Torino : Stamperia Reale,
1790. - 332 p. : ill.
Parte I consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000009.pdf
Parte II consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000008.pdf