La tavola alimentaria di Veleia

1. Il contesto storico - geografico dell'epigrafe

1.1. Il Municipium di Veleia

La cosiddetta tabula alimentaria di Veleia è un'iscrizione bronzea rinvenuta nel comune piacentino di Lugagnano e conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Parma.
Veleia o Velleia era una colonia di diritto latino fin dagli inizi del I sec a. C. e nel 49 a. C., nel quadro della generale estensione dei diritti di cittadinanza romana a favore delle popolazioni e gruppi tribali dell'Italia settentrionale, era stata elevata a municipium.
Proprio grazie alla lettura e interpretazione della tavola è stato possibile stabilire le pertinenze territoriali e amministrative  dell'antico municipium che era diviso in pagi, distretti rurali maggiori e in vici, distretti rurali minori e costitutivi dei pagi. La distrettazione che la tavola descrive è la classica distrettazione geografico - amministrativa romana e ne formula quasi il modello.
Nel caso del municipium di Veleia i pagi erano almeno dieci e si estendevano su tutto il piacentino, parte della lucchesia settentrionale e la porzione più orientale ed interna dell'attuale Liguria. E' ipotizzabile, inoltre, qualche 'sconfinamento' verso l'attuale cremonese e pavese e soprattutto il parmense occidentale.

1.2. Il manufatto

La tavola, rinvenuta nel 1747, misura 1, 38 m in altezza e 2,86 in larghezza. L'iscrizione si sviluppa su sette colonne e descrive ben 51 obbligazioni ipotecarie, con il nome del contraente, quello dell'intermediario, la natura del fondo ipotecato, la sua ubicazione nel municipium e cioè il pagus o il vicus di appartenenza, i confini del fondo e il valore del prestito.
La scoperta, del tutto casuale, della tavola presso Lugagnano determinò una campagna di scavi che portò alla luce l'antico abitato di Veleia. La fortuna archeologica di Veleia risiede nel fatto che, a partire dal IV secolo, a causa di una serie di frane e cedimenti geologici, la città venne gradualmente abbandonata, invasa dalla vegetazione e mai più frequentata. Il sito, dunque, rimase intatto, sotto il profilo archeologico.
La tabula era probabilmente ubicata nella basilica del municipium, un corpo di fabbrica a una sola navata,  e inserita in una delle pareti dell'edificio. Gli scavi in Veleia hanno portato alla luce anche un piccolo foro e un notevole complesso termale. Il sito si sviluppava su un lieve declivio collinare.

2. Dietro l'epigrafe

2.1. La generalità dell'azione

Il documento epigrafico fu edito in due distinte fasi, una da datarsi al 101 e che contiene la descrizione di cinque ipoteche e una posteriore, ubicabile tra 106 e 114, che contiene altre 46 obbligazioni. L'azione finanziaria si sviluppa, dunque, sotto il principato dell'imperatore Traiano.
Veleia
era un municipium amministrativo dell'intera area piacentina, di parte dell'attuale parmese, di parte della Liguria orientale (non litoranea) e del nord della Lucchesia. Era una cittadina grande dieci volte un campo da calcio e capace di ospitare due - tremila abitanti. Ma era un centro amministrativo importantissimo per l'area. In quella tavola, unica sopravvissuta di molte altre tavole analoghe scritte per altri municipi dell'Italia settentrionale in quella formidabile epoca (l'epoca di Nerva, Traiano, Antonino Pio e Marco Aurelio), si denuncia il fatto che l'agricoltura del nord Italia era in crisi per via della concorrenza delle agricolture delle altre province dell'impero (Gallia e Spagna soprattutto) e che moltissime famiglie contadine erano prive di terra e condannate all'inedia. Per l'area relativa alla tavola se ne individuano almeno 400.
Pare che l'imperatore, inizialmente, cercò di applicare una legge in base alla quale tutte le terre più grandi del valore di 60.000 sesterzi venissero divise e affidate ai disoccupati. Qui trovò l'opposizione ferma del Senato dove i magnati dell'Italia settentrionale avevano solida rappresentanza e bloccarono l'iniziativa di legge.
Allora l'imperatore mise a disposizione le sue sostanze personali e il suo fisco.
Per noi è difficile immaginarlo ma all'epoca esisteva un fisco pubblico, destinato al pubblico erario, e un fisco 'privato', destinato alle sostanze dell'imperatore, ma anche questo fisco 'privato' aveva valore pubblico: quello che veniva ricavato dal fisco privato e imperiale non poteva passare all' erede naturale ma andava destinato al successore all'impero (dunque diveniva, alla fine, secondo forme pittoresche, risorsa pubblica).
Ebbene l'imperatore censisce tutti i grandi e medi proprietari dell'area e ne compra le proprietà. Le compra non al prezzo di mercato ma sopravvalutandole del 5 %.
Poi, giacchè non ha le risorse finanziarie necessarie per comprare tutte le proprietà del nord Italia si concede un mutuo.  Ogni anno verserà circa l'8% del valore complessivo dell'immobile al legittimo proprietario, in  modo tale che solo dopo quindici anni quelle terre diverranno imperiali. Ogni anno il proprietario riceverà dall'imperatore l'8% per cento del valore del suo immobile, in danaro sonante e su quell'8 % il proprietario ha l'obbligo (dal momento che in partenza la sua proprietà è stata sopravvaluta del 5%) di versare il corrispettivo al municipio di riferimento, in modo tale che venga distribuito alle famiglie prive di lavoro.
Il risultato dell'operazione è che 300 famiglie indigenti di Veleia e della sua res publica (come viene anche chiamato il municipium) hanno 192 giorni su 365 di salario garantito e il resto fanno eccezionalmente meno fatica e ansia a procurarselo.
Plinio il giovane (se non erriamo) racconta il fatto che questa sorta di assistenzialismo di stato rivolto all'Italia settentrionale fornì numerosissimi uomini che si sentivano 'figli adottivi' dell'imperatore e che raggiunti i sedici anni entrarono in massa nell'esercito e galvanizzarono le imprese orientali dell'impero contro i Persiani, imprese che furono travolgenti.
Su come i latifondisti potevano recuperare il pieno possesso delle loro proprietà ipotecate le strade erano due: riversare al termine del quindicennio la somma all'erario dell'imperatore oppure pattuire, già lungo il quindicennio, un aggiuntivo di imposta verso il fisco imperiale, una sorta di 'contro  mutuo'.
E' sufficientemente chiaro che un danno economico 'indiretto' i grandi proprietari lo subirono: per alcuni decenni le loro proprietà, proprio perchè ipotecate, non erano vendibili a prezzo di mercato: pochi avrebbero potuto assumersi il rischio di pagare a prezzo pieno terre sulle quali gravava un ipoteca imperiale.

2.2. Il contesto politico generale: le puellae faustinae, poveri, diseredati e ragazze - madri

Il caso di Traiano non fu isolato nella storia imperiale del II secolo.
Tanto Antonino Pio (141 - 160), quanto Marco Aurelio (160 - 180) proseguirono le politiche assistenziali verso l'Italia e i suoi indigenti. Entrambi questi imperatori dedicarono alle imperatrici, Faustina Maggiore e Faustina Minore, degli alimenta e cioè delle operazioni di aiuto e soccorso economico a favore dei senza lavoro e delle giovani donne in difficolta'. 
L'obbiettivo di questo evergetismo imperiale è' il medesimo di quello di Traiano e della superstite tabula alimentaria di Veleia e cioè l'assistenza a favore dei disoccupati agricoli e delle ragazze - madri.
Si sviluppa lungo questo incredibile secolo l'idea secondo la quale lo stato ha il dovere della beneficienza e dell'assistenza, idea che si sposa e accompagna con una serie di atti legislativi volti a umanizzare l'istituto della servitù. Il servo cessa di essere una res di proprietà del pater familias, equiparabile davvero a un animale domestico, ma diviene soggetto giuridico e può appellarsi ai tribunali contro discriminazioni e maltrattamenti subiti dal suo patronus, per di più il suo padrone perde il diritto di vita e di morte sullo schiavo che la legge tradizionale riservava lui. Il capitolo degli schiavi fa parte inoltre di una generale riforma del diritto di famiglia.
Nel II secolo si respira, dunque, un'aria del tutto nuova: lo stato interviene direttamente a favore di coloro che hanno perduto la fonte di sostentamento, almeno in Italia, si riforma il diritto di famiglia sollevando gli schiavi, i minori e le donne dalla loro assoluta minorità giuridica verso il 'capo - famiglia' e in generale si manifesta una profonda attenzione verso il mondo femminile.
Questa tendenza generale verso una eguaglianza giuridica di tutti i soggetti e di un'assistenza pubblica ai diseredati verrà ribadita anche nel III secolo, dai Severi.
Nel III secolo, però, si eleva un notevole competitore all'evergetismo pubblico e laico: la comunità cristiana. I cristiani si pongono sul medesimo solco degli alimenta e attraverso opere creditizie auto finanziate offrono assistenza a poveri, vedove e orfani correligionari.
Uno dei motori del proselitismo cristiano sta proprio nel fatto che l'adesione alla nova religio introduceva in un reticolo assistenziale molto più stretto e immediato di quello fornito dallo stato e dall'imperatore.
Nel secolo seguente, addirittura, l'assistenzialismo cristiano si estese anche ai gentili e lo stato, attraverso Costantino, lo sussunse in sè, facendone una sorta di dicastero dell'assistenza auto finanziato e privo di aggravi verso l'erario pubblico o imperiale.
Le aspirazioni assistenziali nate nel II secolo assunsero nel IV un volto del tutto nuovo, un volto confessionale e religioso.

2.3. Le differenze tra i generi: figli legittimi e illegitimi, figlie legittime e  illegittime nel provvedimento di Veleia e nel mondo romano

L'iscrizione velleiate registra, inevitabilmente, una mentalità diffusa e una cultura giuridica radicata: una fortissima differenziazione tra i generi.
In primo luogo una marcata diversità quantitativa nei beneficiari che, secondo lo spirito della legge, erano i minori di famiglie indigenti e private dei necessari mezzi di sostentamento. Ebbene ben 263 sono i maschi e appena 35 le femmine. Non può sicuramente essere che la popolazione maschile fosse, nel piacentino del II secolo, nove volte più numerosa di quella femminile, al contrario è chiaro che intervenne una notevole discriminazione nell'elargizione dell'assistenza.
Probabilmente solo in mancanza di eredi maschi l'assegnatario del beneficio diveniva una minore, oppure, ma non si conoscono esattamente le procedure che eleggevano i beneficiari, le famiglie preferivano far destinare agli eredi maschi il beneficio.
Ancora  più chiaro il fenomeno sotto il profilo degli emolumenti: mentre i maschi percepivano un contributo di 16 sesterzi mensili, le bambine ne raccoglievano solo 12.
Insomma un uomo aveva un valore intrinseco di un quarto più grande di una donna. Se si aggiunge questo dato economico alla sperequazione evidente operata nel censimento o auto dichiarazione delle famiglie indigenti, scopriamo che a fronte di circa 3500 sesterzi devoluti a favore dei pueri sono solo 144 quelli mobilitati verso le puellae.
Questa sperequazione rivela la mentalità tradizionale del mondo romano: l'assoluta supremazia dell'elemento maschile su quello femminile, nonostante e malgrado l'assistenzialismo illuminato di epoca antonina.
Secondo i parametri di Veleia, che non sappiamo quanto siano stati applicati sull'intero mondo romano, la relazione è quella, rabbrividente, di 20 contro 1.
Nel decreto è registrata una seconda caratteristica del diritto di famiglia romano e cioè la presenza di figli riconosciuti dal padre, legittimi, e di figli non riconosciuti. A costoro viene corrisposto un emolumento di 12 sesterzi mensili e dunque, sotto il profilo economico, i maschi illegittimi valgono quanto una femmina legittimamente procreata, in una equiparazione interessante.
Dunque una sorta di 'sotto mondo' familiare nel quale i figli nati al di fuori delle normali relazioni matrimoniali contano quanto le bambine e le donne. All'interno di questo 'sotto mondo', poi, si reitera la differenza tra i generi: una figlia nata fuori dal matrimonio ha diritto a soli 10 sesterzi di elargizione mensile.
Dunque un'autentica gerarchia sociale e di generi; alla testa di quella sono i maschi - legittimamente generati, sono i 16 sesterzi mensili, poi vengono le donne legittime e i maschi illegitimi e cioè i 12 sesterzi e, infine, le donne illegittime con i loro 10 sesterzi mensili.

3. Il testo dell'epigrafe e la nostra traduzione
[da implementare]

4. Riferimenti bibliografici

(1) Tabula alimentaria traianea alla voce in wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Velleia

(2) Veleia alla voce in wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Tabula_alimentaria_traianea

(3) Tavola Alimentaria Velejate detta Traiana / restituita alla sua vera lezione da D. Pietro De Lama. - Parma : Carmignani, 1813. Consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000006.pdf

(4) Secondo Giuseppe Pittarelli della celebratissima Tavola Alimentaria di Trajano. - Torino : Stamperia Reale, 1790. Consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000008.pdf

(5) Economia e società sull'Appennino Piacentino / Nicola Criniti. - Estratto da: Storia di Piacenza, vol. I, edito dalla Cassa di Risparmio di Piacenza  e Vigevano. Consultabile  al sito http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000021.pdf

(6) Le rovine di Veleia / misurate e disegnate da Giovanni Antolini. - Milano : Società Tipografica dei Classici Italiani, 1819 - 1822. - 2. v.
Volume I consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000031.pdf
Volume II consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000028.pdf

(7)  Della celebratissima Tavola di Veleia, scoperta nel territorio piacentino l'anno MDCCXLVII / spiegazione fatta da Secondo Giuseppe Pittarelli. - Torino : Stamperia Reale, 1790. - 332 p. : ill.
Parte I consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000009.pdf
Parte II consultabile in http://www.veleia.it/download/epigrafia/fn000008.pdf

 

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