Di fronte ai gravi torbidi anti -
cristiani che sconvolgono la Bitinia (oltre che Siria ed Egitto),
provincia che deve governare, Plinio il giovane invia
all'imperatore una lettera nella quale chiede alcune dritte
comportamentali e giuridiche.
Siamo tra il 110 e il 112.
Alla base delle agitazioni popolari sono le preoccupazioni della
maggioranza pagana verso la significativa minoranza cristiana. Al
governatore vengono recapitate centinaia di denunce anonime contro i
Cristiani e in generale questi vengono accusati di compiere terribili
reati e atrocità; si sviluppano, inoltre, pogrom e azioni
dirette e indiscriminate contro gli aderenti al cristianesimo.
Scrive allora Plinio a Traiano:
Sollemne est mihi, domine, omnia de quibus dubito ad te
referre. Quis enim potest melius vel cunctationem meam regere vel
ignorantium instruere?
Cognitionibus de Christianis interfui numquam: ideo nescio quid et
quatenus aut puniri soleat aut quaeri. Nec mediocriter haesitavi, sitne
aliquod discrimen aetatum, an quamlibet teneri nihil a robustioribus
differant, detur paenitentiae venia, an ei qui omnino christianus fuit
desisse non prosit, nomen ipsum, si flagitiis careat, an flagitia
cohaerentia nomini puniantur.
Interim in iis qui ad me tamquam Christiani deferebantur hunc sum secutus
modum. Interrogavi ipsos an essent Christiani. Confitentes iterum ac
tertio interrogavi, supplicium minatus; perseverantes duci iussi. Neque
enim dubitabam, qualecumque esset quod faterentur, pertinaciam certe et
inflexibilem obstinationem debere puniri. Fuerunt alii similis amentiae
quos, quia cives Romani erant, adnotavi in urbem remittendos. Mox ipso
tractatu, ut fieri solet, diffundente se crimine plures species
inciderunt.
Propositus est libellus sine auctore multorum nomina continens. Qui
negabant esse se Christianos aut fuisse, cum praeeunte me deos appellarent
et imagini tuae, quam propter hoc iusseram cum simulacris numinum adferri,
ture et vino supplicaarent, praeterea maledicerent Christo, quorum nihil
posse cogi dicuntur qui sunt re vera Christiani, dimittendos putavi. Alii
ab indice nominati esse se Christianos dixerunt et mox negaverunt; fuisse
quidem, sed desisse, quidam ante triennium, quidam ante plures annos, non
nemo etiam ante viginti. Hi quoque omnes et imaginem tuam deorumque
simulacra venerati sunt et Christo male dixerunt.
Adfirmabant autem hanc fuisse summam vel culpae suae vel erroris, quod
essent soliti stato die ante lucem convenire carmenque Christo quasi deo
dicere secum in vicem seque sacramento non in scelus aliquod obstringere,
sed ne furta, ne latrocinia, ne adulteria, committerent, ne fidem
fallerent, ne depositum appellati abnegarent: quibus peractis morem sibi
discedendi fuisse rursusque coeundi ad capiendum cibum, promiscuum tamen
et innoxium; quod ipsum facere desisse post edictum meum, quo secundum
mandata tua hetaerias esse vetueram. Quo magis necessarium credidi ex
duabus ancillis, quae ministrae dicebantur, quid esset veri et per
tormenta quaerere. Nihil aliud inveni quam superstitionem pravam,
immodicam.
Ideo dilata cognitione ad consulendum te decurri. Visa est enim mihi res
digna consultatione, maxime propter periclitantium numerum; multi enim
omnis aetatis, omnis ordinis, utriusque sexus etiam, vocantur in periculum
et vocabuntur Neque civitates tantum, sed vicos etiam atque agros
superstitionis istius contagio pervagata est; quae videtur sisti et
corrigi posse. Certe satis constat prope iam desolata templa coepisse
celebrari et sacra sollemnia diu intermissa repeti pastumque venire
victimarum, cuius adhuc rarissimus emptor inveniebatur. Ex quo facile est
opinari, quae turba hominum emendari possit, si sit paenitentiae locus.
e cioè
"E' per me un dovere, o
signore, deferire a te tutte le questioni in merito alle quali sono
incerto. Chi infatti può meglio dirigere la mia titubanza o istruire
la mia incompetenza? Non ho mai preso parte ad istruttorie a carico
dei Cristiani; pertanto, non so che cosa e fino a qual punto si sia
soliti punire o inquisire. Ho anche assai dubitato se si debba tener
conto di qualche differenza di anni; se anche i fanciulli della più
tenera età vadano trattati diversamente dagli uomini nel pieno del
vigore; se si conceda grazia in seguito al pentimento, o se a colui
che sia stato comunque cristiano non giovi affatto l’aver cessato di
esserlo; se vada punito il nome di per se stesso, pur se esente da
colpe, oppure le colpe connesse al nome. Nel frattempo, con coloro che
mi venivano deferiti quali Cristiani, ho seguito questa procedura:
chiedevo loro se fossero Cristiani. Se confessavano, li interrogavo
una seconda e una terza volta, minacciandoli di pena capitale; quelli
che perseveravano, li ho mandati a morte. Infatti non dubitavo che,
qualunque cosa confessassero, dovesse essere punita la loro pertinacia
e la loro cocciuta ostinazione. Ve ne furono altri affetti dalla
medesima follia, i quali, poiché erano cittadini romani, ordinai che
fossero rimandati a Roma. Ben presto, poiché si accrebbero le
imputazioni, come avviene di solito per il fatto stesso di trattare
tali questioni, mi capitarono innanzi diversi casi. Venne messo in
circolazione un libello anonimo che conteneva molti nomi. Coloro che
negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli
rimettere in libertà, quando, dopo aver ripetuto quanto io formulavo,
invocavano gli dei e veneravano la tua immagine, che a questo scopo
avevo fatto portare assieme ai simulacri dei numi, e quando
imprecavano contro Cristo, cosa che si dice sia impossibile ad
ottenersi da coloro che siano veramente Cristiani. Altri, denunciati
da un delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo lo
negarono; lo erano stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre
anni, chi da molti anni prima, alcuni persino da vent’anni. Anche
tutti costoro venerarono la tua immagine e i simulacri degli dei, e
imprecarono contro Cristo. Affermavano inoltre che tutta la loro colpa
o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi prima dell’alba e
intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio, e
obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non
commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola
data e a non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne
fossero richiesti. Fatto ciò, avevano la consuetudine di ritirarsi e
riunirsi poi nuovamente per prendere un cibo, ad ogni modo comune e
innocente, cosa che cessarono di fare dopo il mio editto nel quale,
secondo le tue disposizioni, avevo proibito l’esistenza di sodalizi.
Per questo, ancor più ritenni necessario l’interrogare due ancelle,
che erano dette ministre, per sapere quale sfondo di verità ci fosse,
ricorrendo pure alla tortura. Non ho trovato null’altro al di fuori di
una superstizione balorda e smodata. Perciò, differita l’istruttoria,
mi sono affrettato a richiedere il tuo parere. Mi parve infatti cosa
degna di consultazione, soprattutto per il numero di coloro che sono
coinvolti in questo pericolo; molte persone di ogni età, ceto sociale
e di entrambi i sessi, vengono trascinati, e ancora lo saranno, in
questo pericolo. Né soltanto la città, ma anche i borghi e le campagne
sono pervase dal contagio di questa superstizione; credo però che
possa esser ancora fermata e riportata nella norma"
Traiano, rispondendo, fissa le regole dell'azione giuridica verso le comunità cristiane, che saranno costanti fino a Diocleziano, egli scrive:
Actum quem debuisti, mi Secunde, in excutiendis causis eorum qui Christiani ad te delati fuerant secutus es. Neque enim in universum aliquid quod quasi certam formam habeat constitui potest. Conquirendi non sunt; si deferantur et arguantur, puniendi sunt, ita tamen ut qui negaverit se Christianum esse idque re ipsa manifestum fecerit, id est supplicando dis nostris, quamvis suspectus in praeteritum, veniam ex paenitentia impetret. Sine auctore vero propositi libelli in nullo crimine locum habere debent. Nam et pessimi exempli nec nostri saeculi est.
e cioe'
"Hai seguito una pratica corretta, o mio Secondo, nel
trattare i processi verso i cristiani che ti furono denunciati. E,
infatti, non si può affrontare una questione come se avesse sempre un
aspetto preciso. Non bisogna
ricercarli, né perseguirli d'ufficio; ma se qualcuno li porta in
giudizio e li individua, allora devono essere puniti. Tuttavia, nel
momento stesso in cui negano di essere cristiani e lo fanno in modo
pubblico, e vale a dire si mettono a onorare i nostri Dei, allora
ottengano la sospensione della pena sebbene accusati in precedenza.
Le denuncie avanzate senza una firma non devono avere peso in
nessuna incriminazione e, inoltre, sono anche un pessimo esempio
indegno del nostro tempo”.
(Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/autore/plinio_il_giovane/epistularum_libri_decem/!10!liber_x/096.lat
[flory90] - [2006-09-02 11:15:02])