Rescritto di Antonino Pio a Pacato (141)

Antonino Pio, succeduto ad Adriano nel principato, formalmente non cambia nulla nell'atteggiamento ufficiale verso le comunità cristiane. Ha due precedenti giuridici abbastanza recenti, oltre a quello più antico di Nerone: vale a dire il rescritto di Traiano a Plinio e quello di Adriano a Fundano (110 e 125 circa).
Il riferimento alla lettera di Traiano è più stringente e Antonino, pur non rinnegando l'interpretazione più lieve fornita da Adriano riguardo alla legittimità delle associazione cristiane, riconduce la sua prassi all'imperatore spagnolo. I cristiani non vanno, quindi, perseguiti d'ufficio (come secondo Traiano) e devono essere convocati dietro presentazione di denuncia pubblica e suffragata da prove (precisazione adrianea). Antonino e i suoi funzionari sembrano propendere, però, per una versione restrittiva del rescritto traianeo, in base alla quale, contrariamente a quanto si può sostenere nell'analisi del documento di Adriano, il fatto stesso di essere cristiani è un reato, reato, secondo le ambiguità del rescritto del 110, fino a quando non venga denunciato in maniera circostanziata.
L'impostazione adrianea secondo la quale (almeno a partire da alcune esegesi contemporanee) i cristiani vanno condannati solo in quanto responsabili di reati comuni che vengano commessi nello svolgimento delle loro cerimonie e riunioni appare rifiutata a favore una criminalizzazione generalizzata del movimento cristiano, che, però, lo ribadiamo, richiede la prova provata della partecipazione degli accusati alle riunioni della società. Si rifugge, quindi, dall'accettare denunce anonime e da processi sommari nei quali basti l'accusa pronunciata contro un cittadino a determinarne la condanna ma rimane il pregiudizio neroniano (che Adriano aveva per certi versi mitigato) di una nova et illicita superstitio.

E con questo spirito, che fin dal primo anno del suo principato (141), l'imperatore inviò un rescritto al legato della Gallia Lugdunensis, Pacato, che imponeva, dopo che fosse debitamente provata secondo lo spirito di Adriano, la condanna dell'appartenenza alle novae religiones all'esilio e alla confisca dei beni per gli honestiores e alla condanna capitale per gli humiliores. In verità il rescritto non è rivolto specificatamente ai cristiani, ma si scrive generalmente di 'nuove sette e religioni' e si usano contro quelle argomenti di carattere filosofico, quando vengono definite come contrarie alla ragione.
L'atteggiamento di Antonino Pio non è testimoniato solo dal rescritto a Pacato ma è confermato da numerose prese di posizione di suoi magistrati: a Roma, nel medesimo 141, fu condannato a morte papa Telesforo e furono processati Tolomeo e Lucio.
Emerge la rilevanza politica del tradizionalismo di Antonino, legato agli ambienti culturalmente più regressivi del senato e dell'aristocrazia curiale, in aperta rottura con l'impostazione del suo immediato precedente all'impero.
Soprattutto in oriente, dove il proselitismo cristiano suscitava timori panici e non tra i pagani, la concretizzazione di questa nuova sensibilità giuridica generò fenomeni che misero in discussione lo stesso assunto traianeo della non perseguibilità d'ufficio. A Smirme. intorno al 155, il proconsole d'Asia, Stazio Quadrato, giudicò davanti a una folla di pagani inferociti, con le stesse procedure che si usavano contro i banditi e briganti, il cristiano Policarpo che fu condannato a morte solo ed esclusivamente perché cristiano. Stazio Quadrato commise una grave irregolarità della quale lo stesso andamento processuale è testimonianza: non accusò apertamente e fin dall'inizio Policarpo di adesione al cristianesimo ma fece in modo che fosse Policarpo a dichiararsi tale, conducendolo per mano alla confessione.

Il fatto di Quadrato e il reitarsi di torbiti in oriente, legati ai timori panici dei pagani (nella fattispecie, probabilmente, un terribile terremoto che aveva sconvolto la regione del quale venivano accusati i cristiani), che gia aveva preoccupato la prima relazione di Plinio il giovane a Traiano, imposero ad Antonino un altro rescritto indirizzato direttamente ai governatori dell'oriente nei quali si raccomanda la moderazione e si censura implicitamente l'azione del proconsole.
Intorno al 157, infatti, l'imperatore scrisse un rimprovero al mondo orientale, al mondo degli amministratori dell'oriente (il koinon d'Asia), nei quali i funzionari indigeni sono accusati di sollecitare tumulti dei pagani contro gli 'atei' (dentro quella categoria anche i Cristiani) in seguito a qualche cataclisma naturale particolarmente grave e soprattutto, con riferimento diretto ai cristiani, di usare la procedura d'ufficio che era stata vietata tanto da Traiano, quanto da Adriano e ancora dall'imperatore in carica.


(Indispensabile la lettura de I cristiani e l'impero romano di Marta Sordi alle pagine 83 - 87; opera in bibliografia di questi appunti)


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