La sentenza di Alessandro Severo sul cristianesimo in Roma (222 / 235)

1. Ut illic quemadmodum Deus colatur

" … affinché, in qualsiasi modo, in quel posto Dio venga onorato …" scrisse Alessandro Severo per esprimere la motivazione del suo decreto intorno alla controversia sorta tra il collegium dei popinarii e la comunità cristiana di Roma, una contraddizione di diritto civile generatasi intorno all'uso di un luogo pubblico.
Il principe stabilì che quel posto andasse assegnato ai cristiani, piuttosto che alla corporazione formata da coloro che gestivano le popinae, una sorta di 'tavole calde e osterie' dell'epoca, giacché, appunto, quel luogo avrebbe partecipato, grazie a quella decisione, all'ingrandimento degli onori e all'ampliamento delle preghiere verso Dio. In quel luogo si sarebbe, quemadmodum, in qualsiasi modo, scrive l'imperatore, onorato Dio.
E' bene rilevare questo provvedimento marginale, locale e circoscritto perché ha in sé il segno vivo di un atteggiamento generale: i cristiani partecipano, quemadmodum, alla grandezza di Dio.
Il loro proselitismo non è affatto pericoloso, anzi, poiché 'è in Alessandro la convinzione che anche quella originale (ma da lui amata) nova religio contribuisca a fortificare la sacralità dell'impero e ad aprire le strade verso l'affermazione del summus deus severiano.
Secondo l'autore della Vita di Alessandro, l'imperatore, inoltre, inserì nel suo larario privato Cristo e Mosè, il che non è sinonimo di conversione quanto, invece, di una robusta inclusione delle nuove religioni dentro l'apparato ideologico del sacro tradizionale.

2. Dura Europos e l'oriente

Possiedono, inoltre, un significato generale alcune notizie databili al suo principato, tutte circoscrivibili all'Asia minore e all'oriente, regioni dove la propaganda cristiana si diffondeva e faceva capillare e la cultura filosofica e teologica di quelle comunità si formava e raffinava dietro gli esempi di Origene.  In Asia, dunque, sono documentati scritte e slogan murari chiaramente cristiani che testiminiano un'attività di propaganda assolutamente indisturbata. Risale, davvero non casualmente, all'epoca di Alessandro, la fondazione del primo luogo pubblico di culto cristiano a noi noto, che supera le esperienze dei luoghi privati, delle domus e dei tituli, in cui si riunivano i fedeli nel I e II secolo. Si tratta della cappella ubicata a Dura Europos, sulle sponde della riva romana dell'Eufrate, nell'estremo orientale della provincia romana di Mesopotamia, che registra, forse e indirettamente, la penetrazione del cristianesimo nell'esercito, essendo Dura una piazzaforte militare di notevole importanza.

3. Il summus deus e Cristo

Dunque, il summus deus, lungi dall'essere e dal coincidere con il Dio dei cristiani, dona agli aderenti di quella setta una versione di sé carica di una eticità e moralità interessante: monogamia, rifiuto dell'omicidio e del furto, rispetto della famiglia, in una sorta di 'emanazione etica' del Dio sommo.
Quando Mamea, madre del principe, chiama a sé dall'Egitto Origene, il filosofo cristiano e gli chiede di accorrere ad Antiochia la città da dove la guerra contro i Persiani sta, inevitabilmente, per essere intrapresa, lo fa per discutere con lui degli orrori dell'evento che si avvicinava: l'impero, in lei, si sentiva 'costretto' alla guerra e voleva, in qualche misura, dichiararsi tale. Mamea intravedeva nel messaggio cristiano la sorgente di una nuova eticità universale, interessante per l'impero.
L'impero faceva riferimento, o meglio, scopriva di dovere fare riferimento alle cifre della 'nuova emotività sociale' che, maturate nel secolo precedente, ora si dispiegavano. Insomma questo è un nuovo modo di intendere l'etica che riguarderà tanto gli imperatori amici del cristianesimo, quanto i più acerrimi persecutori di quello. Si iniziava a considerare l'etica non più come il repertorio riservato alle analisi di una élite intellettuale e sublime ma come fenomeno generale e morale. Le scelte religiose e le religioni avevano la facoltà di 'democratizzare' e 'massificare' le scelte etiche.
E' un nuovo modo di intendere le relazioni tra morale e religione che attraversa l'intero mondo romano, trasversalmente, scavalcando i campi e le contrapposizioni religiose.
Ancora di più, scendendo nella concretezza amministrativa, Alessandro pensò di adottare per la selezione dei ministri e del personale dell'esecutivo strumenti e metodologie usati dalla chiesa organizzata: la probatio  alla quale si sottoponevano i sacerdoti. Questa notizia dell'Historia Augusta ci evidenzia quanto il governo conoscesse l'organizzazione ecclesiastica e ne condividesse lo spirito e la disciplina e quanto concretamente il cristianesimo fosse motivo di fascino.

4. Il summus deus e la storia

L'acquisizione di questa nuova emotività etica a livello istituzionale e politico non allontanava, affatto, il rischio del conflitto confessionale e religioso; paradossalmente, anzi, lo avvicinava: proprio in ragione di questa nuova emotività etica, si avrà la possibilità di una persecuzione generalizzata e articolata ai danni dei cristiani come al contrario di una loro incondizionata riabilitazione.
Il summus deus di Alessandro Severo è un Dio etico, l'emanazione più forte, in verità la sorgente di ogni emanazione, delle divinità etiche e morali che compongono, radicano e fortificano l'impero. Il summus deus raccoglie e direziona sull'impero, e dunque sul 'corpo sacro' dell'imperatore, l'eticità romana. Da questo momento la persecuzione può avere due segni: anti cristiana ma, anche, anti pagana. Gran parte dei presupposti ideologici, non dico tutti, sono stati creati.
Da una parte, una componente 'radicale' del movimento cristiano denunciò l'idea del summus deus e del sincretismo proposto dal potere imperiale come un attentato alla vera natura di Dio e una contaminazione intollerabile, mentre dall'altra parte molti pagani  temevano superstiziosamente questa deviazione dalla  tradizione. Il rescritto di Traiano e quello di Adriano, redatti in tutt'altra temperie culturale, divennero, terribilmente, anacronistici e, insomma, persecutori e tolleranti si assomiglieranno come le facce della stessa moneta.

5. La crisi della mediazione severiana

Alessandro e sua madre non potevano immaginare il portato dei loro indirizzi programmatici: vivevano nel solco della mediazione Severiana e in fondo nell'eredità antoniniana.
Cosicché, pur perfettamente consapevoli delle istanze morali che pervadevano l'epoca, consapevoli fino al punto che Alessandro faceva scolpire sugli edifici pubblici il cosiddetto 'precetto aureo', e cioè "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te", pare che abbiano deciso di risolvere la questione seguendo la migliore tradizione classica, nella sua versione neo sofistica e razionalistica.
Si badi bene, non si trattò di un ritorno alla tradizione 'tout cour', di un pedissequo ritrovamento di radici irreperibili, ma di una sorta di renovatio nella tradizione; si riscopriva il razionalismo e il 'logos' ellenico, facendone il linguaggio di interpretazione e, per il ruolo dei personaggi ci si consenta di dire, di 'dominio' della realtà sociale. Anche Origene, cristiano, parlava e manipolava le cifre della filosofia ellenica, ne era costretto (se voleva continuare a predicare nel mondo romano) e, dunque, ne era un'emanazione, magari secondaria.
Ebbene, Alessandro Severo, in perfetta sintonia con questa concezione e immagine della realtà etica, religiosa e culturale dell'impero decise di affidare l' organizzazione della biblioteca del Pantheon, cioè del tempio di tutte le divinità dell'impero, a un cristiano, un equestre, di origine palestinese: un certo Sesto Giulio Africano. E il bibliotecario non pensò, neppure per un attimo, a censurare ed evitare i testi che non appartenessero alla sua tradizione religiosa, ma li raccolse tutti, operando una sintesi che riprende l'idea razionalistica di un summus deus.
Il cristianesimo come emanazione più consona all'opera del summus deus? C'è da credere che Alessandro e Iulia Mamea pensassero a questo, mentre i cristiani guardavano con sospetto a questa prospettiva e la tradizione pagana inorridiva.


(Ancora una volta fondamentali i riferimenti all'opera di Marta Sordi, alle pagine  107 - 111, per la stesura di queste righe. Rimandiamo alla bibliografia generale di questi appunti per l'opera della studiosa).

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