3. Caracalla: tensioni
locali
Ciononostante anche durante
il suo governo si verificarono alcuni episodi che possono essere detti
persecutori, secondo un fenomeno ormai endemico. Furono episodi
rigorosamente circoscritti ad alcune realtà locali, segnatamente
africane e non sono mai stati annoverati tra le prove di una
persecuzione generalizzata sotto Caracalla.
Da Tertulliano abbiamo notizia di alcune azioni discriminatorie dentro
l'esercito, in una legione di stanza nell'Africa proconsolare, e di
imprese persecutorie intentate dal governatore della Mauritania.
Potrebbe, in verità, trattarsi delle conseguenze, piuttosto lievi,
della grande ondata di indignazione che aveva percorso l'area sotto
Settimio Severo in seguito al rifiuto dei cristiani di onorare il
genetliaco dell'imperatore, che, ricordiamo, era originario della
regione, e alla provocazione offerta da un legionario cristiano
(probabilmente montanista) che aveva contestato degli onori militari
attribuitigli. I timori panici dei pagani e l'eccesso di zelo di
alcuni amministratori locali furono, ancora una volta, alla base di
questi fenomeni e non una disposizione generale e tantomeno un
provvedimento di legge specifico.
La fine di Eliogabalo
c'entra ben poco con le sue simpatie per il cristianesimo: il giovane
imperatore fu assassinato al termine di una ammutinamento di
pretoriani seguito da un'insurrezione popolare a Roma. Gli artefici
della sua detronizzazione violenta furono quasi certamente la vedova
di Settimio e madre di Caracalla, Iulia Domna, Iulia Mesa e Iulia
Mamea, tutte esponenti della famiglia severiana e tutte molto vicine
al sincretismo proposto da Caracalla prima e Eliogabalo poi, quando
non apertamente simpatizzanti per il cristianesimo. La dinamica
dell'insurrezione e, per così dire, la scena del crimine inducono,
però, qualche interessante e ulteriore riflessione sulla
politica religiosa del giovanissimo autocrate severiano.
Nel marzo 222, infatti, la madre di Eliogabalo (Iulia Soemia) e
l'imperatore medesimo furono uccisi con una furia notevole, i loro
corpi trascinati per tutta Roma e immersi nelle fogne secondo una
crisi di violenza che riporta alla memoria la rivolta del 189
contro il liberto Cleandro e il suo monopolio dei grani.
Abbiamo, inoltre, notizia del fatto che a
Roma proprio in quell'anno, nel corso di un tumulto popolare furono
giustiziati sommariamente Callisto, il vescovo della comunità, e due
sacerdoti strettamente legati a lui. Callisto, Calepodio e
Asclepiade (questi i nomi dei due presbiteri) subirono una morte
estremamente simile a quella riservata all'imperatore: i loro corpi
furono trascinati per le vie di Roma e poi gettati nel Tevere mentre
Callisto fu defenestrato dal suo appartamento, gettato in un pozzo e
lapidato.
La seconda 'scena del crimine' porta a sospettare che il crimine sia
stato lo stesso: il martirio che subiscono i tre cristiani non ha
nulla che possa essere riferito alle normali pratiche persecutorie.
Inoltre si inferisce dalle fonti che a Roma, in quell'anno, non vi
fu persecuzione alcuna e che, soprattutto, il nuovo principe appena
intronizzato, Alessandro Severo, nutrirà nei confronti dei cristiani
le medesime simpatie del cugino appena eliminato.
Callisto, il vescovo di Roma, era un uomo con una lunghissima
esperienza imprenditoriale alle spalle, specificamente bancaria,
sempre intento a ricercare finanziatori tra nobildonne e liberti
imperiali che, se non direttamente cristiani, avevano un occhio di
riguardo verso la nova superstitio e forse anche verso le
attività creditizie che si erano sviluppate collateralmente a questa
'setta'; fin dai tempi di Commodo, ancor prima di diventare papa,
Callisto aveva avuto modo di frequentare indirettamente e contattare
gli ambienti di corte, queste frequentazioni e relazioni divennero
probabilmente ancora più strette durante il governo di Eliogabalo.
In verità Callisto, con la sua biografia, testimonia una nuova forma
di intervento della chiesa dentro la società: la comunità cristiana
diventa un soggetto economico di una certa rilevanza e istituisce
una diretta relazione con gli imperatori della dinastia severiana.
Callisto, Calepodio e Asclepiade subirono gli effetti della
rivolta contro Eliogabalo ma non per il fatto di essere cristiani ma
di essere amici dell'imperatore appena deposto; insomma rimasero
coinvolti nel flusso di epurazioni sommarie, spesso pretestuose
e operate con strumenti plebei, contro gli intimi del giovane
principe che non si erano ancora decisi ad abbandonarlo e verso coloro
che secondo chissà quali argomentazioni venivano ritenuti suoi
collaboratori e 'alleati'.
Ancora una volta fondamentali i
riferimenti all'opera di Marta Sordi, alle pagine 105 - 107, per la
stesura di queste righe. Rimandiamo alla bibliografia generale di
questi appunti per l'opera della studiosa).